cassy_colo, Allenamento in Corso

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Favole )
view post Posted on 5/7/2009, 18:20




Benvenuta al tuo Allenamento, prima di tutto, alcune semplici regole:

CODICE
1) Si scrive SEMPRE in prima persona.

es: Mi svegliai di colpo, come se avessi sentito una cannonata.

2) Le azioni,il discorso indiretto e la narrazione, si scriveranno normalmente.

es: Camminavo lenta per le vie di Forks, quando incrociai una figura strana.
Vedendo quel cupo ragazzo venirmi incontro, mi sentii gelare il sangue nelle vene.
Non ero abituata ad attirare così tanto l'attenzione.

3) I pensieri si scrivono fra asterischi. (**)

es: *Ma cosa diavolo vuole da me??* Pensai allarmata.

4) I discorsi diretti si scrivono fra virgolette. (" ")

es: "Dove stai andando Edward!!" Gli gridai dietro mentre lui correva.

5) Si scrive sempre al passato.

es: Non avevo tanta voglia di mangiare quella sera, ma mi sforzai, pur di non far preoccupare mio padre.

6) E' SEVERAMENTE VIETATO muovere e far fare azioni o far parlare i PG altrui.
Dovete muovere semplicemente il VOSTRO pg.


Ed ora iniziamo:

CODICE
Luogo: La Foresta
Situazione: arrivi lì per caso e incroci un Vampiro e un Lycan che stanno per scontrarsi...


Buon Lavoro !
 
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cassy_colo
view post Posted on 2/7/2010, 10:15




Camminavo al margine della foresta.
La mia mente andava tra ricordi felici,dolorosi, tristi, reali, sogni, qualunque cosa che mi distrasse dalla litigata con mio padre.
Ma quando la tua mente va dove vuole rischi di impazzire, di surriscaldarti per i troppi ricordi che mi stavano risucchiando.
Potevo immaginarmi mentre il buio mi risucchiava, senza lasciarmi respirare, senza lasciarmi alcuna via di fuga.
L’unica luce, l’unico ricordo a cui mi potevo aggrapare per uscire da quel buoi era Matt.
*Matt. Ora mi starà pensando come sto facendo io?*, pensai.
Immediatamente pensare a lui, un altro ricordo, doloroso, impossessò la mia mente: la litigata con mio padre.
Ricordavo ogni sua parola, cattiveria, ogni suo movimento con le mani.
*Non c’e lo voglio più in questa casa*, disse con tutta la forza che possedeva mentre sbatteva la mano stretta in un pugno sul tavolo. *Lui ti farà del male, non lo capisci?*, continuò.
*No papà, non lo capisco*, risposi altrettanto arrabbiata.
*Non lo voglio in questa casa. Non voglio vederlo neanche a un kilometro di distanza da te*.
*Cosa ti ha fatto Matt? Cosa ti ha fatto? Perché lo odi così tanto? Perché adesso sto più tempo fuori o perché non sto qui ad aspettarti tutto il giorno? Non sono più una bambina papà, ho bisogno di vivere la mia vita, ma soprattutto ho bisogno di sapere che tu sei vicino a me. Matt ormai fa parte della mia vita, papà. Lo amo*, conclusi, più arrabbiata che mai.
Lui era diventato rosso di rabbia. *Ti ripeto per l’ultima volta, non lo voglio in questa casa e fino a quando tu vivrai sotto il mio tetto seguirai le mie regole*, disse soddisfatto.
Io mi girai andai ad aprire la porta, ma prima di uscire gli dissi l’ultima cosa.
*Fino a quando tu non accetterai Matt, io non ritornerò a casa. Andrò a stare con lui e quando avrai deciso che io dovrò ritornare a casa prenderai anche Matt*, dissi concludendo la nostra conversazione. Uscii dalla porta sbattendola.
Da quando avevamo conosciuto Matt litigavamo quasi ogni mattina, ma questa era stata la più brutta, dolorosa.
Una lacrima calda,salata mi riportò alla realtà e mi accorsi che avevo smesso di camminare e mi ero aggrappata ad un albero per potermi aggrappare da quel ricordo.
Da quella mattina non ero più rientrata a casa, erano passati soltanto quattro giorni, ma qusto ricordo era così intenso che ogni volta era come aver litigato trenta secondi fa.
*Devo camminare*, pensai.
Se continuavo lungo la strada ritornavo a casa di Matt, la mia nuova casa.
Ma non volevo andare, anche se in questo momento avevo ho così tanto bisogno di lui. *Non voglio che mi veda così, lo spaventerei*, pensai cercando una soluzione.
Mi voltai e vidi la foresta. *Forse devo andare nella foresta, forse devo…*
Ma non appena ebbi finito di pensarlo la voce di Matt eccheggiò nella mia mente. *Promettimi che non andrai mai nella foresta da sola, senza di me*, e io avevo promesso, avevo promesso di non andarci. “Forse…no,basta con il forse,ho bisogno di andarci, devo pensare devo trovare una soluzione per tutta questa faccenda”, dissi sicura di me. Così, senza pensare alle conseguenze del mio gesto mi addentrai nella foresta.
*Ok, pensiamo. Lasciare Matt, non se ne parla, io lo amo. È l’unica persona che mi capisce, lui è la mia metà. Ma cosa posso fare?*.
La mia mente prese il sovravvento, le ore passavano come fossero secondi.
Un fruscio mi riportò alla realtà.
Subito mi bloccai, non avevo mai sentito un rumore del genere, ed era diventato buoi.
“Ma che ore sono?”
Il respiro mi divenne affannoso. “Devo tornare indietro”, dissi cercando di intravedere il sentiero.
Girai intorno, ma non lo vidi.
Intravisi una figura tra gli alberi. Subito il mio pensiero corse verso quell’unica parola, l’unica parola che in questi giorni usciva dalla bocca di tutti: licantropo.
Iniziai a correre più veloce che potevo, inciampai molte volte, ma continuavo ad rialzarmi.
Lui non avrebbe rinunciato a inseguirmi e io non avrei rincunciato a scappare.
Poi si materializzò davanti a me sbarcandomi la strada. Cercavo una via di fuga, ma lui era sempre più veloce di me.
Non mi arresi così riprovai l’ultima volta volta, ma questa volta l’essere con una zampa mi scaraventò contro un albero che si ruppe per la forza del colpo.
Ormai vedevo solo sbiadito e respiravo a fatica.
Lo vidi che arretrava per finire quello che aveva cominciato.
Io chiusi gli occhi e pensai a Matt.
Al suo viso, ai suoi occhi, al suo sorriso che rompeva la mia ostilità.
Quel sorriso angelico, che non finiva mai, che non si stancava mai.
Poi sentii il suo cuore, il suo cuore che batteva, che riuscivo a sentire solo io.
Come il suo, il mio cuore batteva solo per lui, solo perché lo avrei rivisto.
Riuscivo ad andare avanti solo per lui, era lui che mi dava la forza di affrontare ogni giorno, ogni litigata con mio padre, ogni dolore, ogni lacrima.
Ricordai la prima volta che lo vidi, il giorno più bello della mia vita, ricordai i suoi teneri e caldi abbracci…
Poi una persona mi abbracciò, mi strinse.
Riconobbi subito quella persona: Matt.
“Cassy, Cassy svegliati. Amore”, mi chiamò.
Io aprii gli occhi lentamente.
“Matt”, sussurai. “Cassy, mi hai spaventato. Ora alzati dobbiamo andare e subito”, disse con molta calma che nascondeva la tensione.
Capii che non era finita. Mi rialzai a fatica e lo vidi.
Era ancora là. Sapeva che Matt sarebbe venuto a cerecarmi.
Incrociai i suoi occhi e fu invasa da un ricordo, un ricordo vecchio, dimenticato e misterio che non sapevo dare una spiegazione.
“Come hai fatto a trovarmi?”, chiesi sollevata senza lasciare lo sguardo del licantropo.
“Ti seguivo da lontano. Sapevo che non mi avresti dato retta quando ti avevo chiesto di non venire nella foresta da sola, ma mi sono distratto da un rumore, da una figura che ti seguiva, ma mi ha depistato e poi ho sentito le tue grida”, rispose quasi arrabbiato con se stesso. “Grida?”, domandai. “Io non ho urlato”, lo contradissi.
“Non te ne sarai accorta”, rispose senza incrociare il mio sguardo.
“Matt”, lo chiamai. “I suoi occhi mi ricordano qualcuno”, gli dissi il mio pensiero.
“Lui è Andrea”, sussurò.
Andrea. Subito i ricordi, quelli che non riuscivo a identificare, ebbero un senso. Andrea, il mio migliore amico, il mio amico di infanzia, Andrea che non voleva che io stessi con un vampiro, Andrea che mi aveva supplicato di lasciarlo, Andrea che mi aveva detto addio per sempre il quella stanza nel bosco. Il mio Andrea che ora era davanti a me che vuole uccidermi.
“Adesso farai quello che ti dico. Quando ti dico scappa, tu scappi in quella direzione. Io lo distraggo mentre tu torni a casa e chiudi la porta a chiave e ti nascondi nel sotteraneo. Non importa quello che sentirai, tu devi sempre andare avanti. Me lo prometti?”, chiese guardandomi negli occhi.
“Te lo prometto solo se tu mi dai la tua parola che tornerai casa sano e salvo”, gli dissi:doveva, doveva promettermelo. Fece una smorfia, ma alla fine annuì. Vedevo dai suoi occhi che non aveva accettato la promessa solo per farmi andare.
“Sei pronta?”, mi chiese all’orecchio. “Sì”, risposi quasi senza muovere le labbra.
“Ti amo”, gli dissi come per non farglielo dimenticare. “Ti amo anch’io”, mi rispose dolcemente. “Ora vai”, disse spingendomi.
Io corsi nella direzione che mi aveva detto e vidi, con la coda dell’occhi che il licantropo, Andrea, mi voleva bloccare la strada.
Poi non vidi più niente, non perché non volessi vedere, ma perché loro si muovevano troppo veloci per i miei occhi.
Correvo, più veloce che potevo.
Poi sentii degli urli.
Tra quegli urli riconobbi la voce di Matt.
Subito mi bloccai.
*No, non può finire così*, pensai e riniziai a correre.
Quando arrivai lì, nessuno dei due si era accorti della mia presenza.
Matt stava lottando, la sua maglietta era strappata e vedevo dei graffi sul torace.
Andrea stava lottando in modo furioso, vendicativo.
Poi accedde tutto velocemente.
Matt fu a terra stremato.
Andrea era pronto a colpirlo.
Senza pensarci io corsi da lui, da Matt per fargli da scudo con il mio fragile corpo.
Né la bestia né Matt mi videro fino a quando non fui sopra di lui.
Andrea mi scaraventò di nuovo contro un albero.
Sentii l’odore del sangue difondersi.
La testa mi bruciava come le ferite sul braccio e la gamba.
“No!”, sentii gridare Matt.
“Cosa ho fatto?”, disse una voce lontana, lontana dal tempo, lontana nei ricordi.
Andrea.
Sentii due persone vicino a me che stavano parlando.
Io respiravo a fatica, i miei occhi non vedevano la luce, le mie mani non sentivano niente.
Ero come spenta pronta per andarmene, ma sapevo che dovevo combattere.
Combattere.
Per mio padre, mio padre, con cui litigavo sempre, di continuo, ma che continuavo a volere bene.
Per Andrea che ci eravamo detti addio, ma non perdevo mai la speranza che un giorno saremmo dormati ad essere buoni amici.
E, infine, per Matt.
Gli dovevo molto, per la sua pazienza, per il suo sorriso e per il suo amore che mi aveva sempre dimostrato.
La nostra storia la scrivevamo giorno per giorno, senza interruzioni, con passione e con amore.
Amore, parola troppo piccola per far capire quello che provavo per lui.
Il nostro amore superava ogni cosa.
Il confine di una parola, superava il tempo e lo spazio diventando l’infinito.
Ed, ora eccomi lì sdraiata,in fin di vita , con le persone più importanti.
Molte volte mi domandavo: Ma perché a me?
Non ero mai ruscita a porre una risposta a questo grande interrogatorio.
Ora, invece la risposta mi sembrava così facile, così vicino a me da non averla mai vista.
Ecco perché, perché ogni combattevo: per la mia felicità.
Anche se in questo momento ero a terra ero felice.
Felice perché avevo salvato Matt, perché l’amicizia con Andrea era tornata a posto.
Molte volte avevo sognato questo, e adesso mentre io sto morendo tutto ritorna a posto.
Sorrisi mentre le lacrime di felicità scendevano.
Questa volta non erano salate, erano dolci.
Sentii una mano che me le asciugava, mentre il vento mi scompigliava i capelli.
In quel momento mi immaginai in un'altra soluzione.
Io, Matt e Andrea seduti sull’erba mentre ridevamo, scherzevamo.
Era bello, ma questo sogno era soltanto e unicamente un sogno, non poteva mai realizzarsi.
“Cassy, mi senti?”, rispose una voce delicata , morbida, furiosa, disperata.
“Sì, Matt, ti sento”, avrei voluto rispondere, ma le mie labbra non si muovevano.
Il mio respiro divennne più lento, quasi non lo sentivo.
Poi le tenebre mi circondarono, pronte a intrampolarmi.
*Matt, ti amo*, fu l’ultimo pensiero prima che le tenebre mi presero
 
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